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mercoledì 16 settembre 2015

NINJA 1000



MOTORE
  • Tipologia motore Raffreddato a liquido, 4 tempi, Cilindri in linea
  • Cilindrata 998 cm³
  • Alesaggio e corsa 76.0 x 55.0 mm
  • Rapporto di compressione 13.0:1
  • Distribuzione/aspirazione DOHC, 16 valves
  • Sistema di iniezione Iniettori: φ47 mm x 4 (Keihin) con farfalla ovale, doppia iniezione
  • Iniezione Digitale
  • Avviamento Elettrico
  • Lubrificazione Lubrificazione forzata, Carter umido


TELAIO
  • Tipo di telaio Doppia trave in alluminio
  • Angolo di inclinazione del cannotto di sterzo/avancorsa 25°/ 107 mm
  • Corsa ruota anteriore 120 mm
  • Corsa ruota posteriore 140 mm
  • Pneumatico anteriore 120/70ZR17M/C (58W)
  • Pneumatico posteriore 190/55ZR17M/C (75W)
  • Angolazione dello sterzo sinistra/destra 27° / 27°


PERFORMANCE
  • Massima potenza 147.1kW {200.1PS} / 13,000 rpm
  • Massima potenza con sistema RAM di immissione dell ’ aria 154.4kW {209.9PS}/ 13,000 rpm
  • Coppia massima 112 N•m {11.4kgf•m} / 11,500 rpm


TRASMISSIONE
  • Trasmissione 6 marce, con folle
  • Trasmissione finale Catena sigillata
  • Rapporto di trasmissione 1.681 (79/47)
  • Rapporti: 1a 2.600 (39/15)
  • Rapporti: 2a 2.053 (39/19)
  • Rapporti: 3a 1.737 (33/19)
  • Rapporti: 4a 1.571 (33/21)
  • Rapporti: 5a 1.444 (26/18)
  • Rapporti: 6a 1.348 (31/23)
  • Rapporto di trasmissione finale 2.294 (39/17)
  • Frizione Umida multi-disco, manuale


FRENI
  • Freno anteriore Doppio Disco semi-flottanti da 310 mm a petali, 10 punti di sostegno in alluminio. Pinze: 2 radiali a 4 pistoncini contrapposti
  • Freno posteriore Singolo disco da 220 mm PInza: singola, pistoncino in alluminio.


SOSPENSIONI
  • Sospensione anteriore La forcella BPF, con steli da φ43 mm di diametro, è uno dei più importanti fattori che contribuiscono alla grande compostezza in frenata della nuova Ninja ZX-10R.
  • Sospensione posteriore La sospensione posteriore back-link orizzontale libera lo spazio occupato dal leveraggio inferiore dell'Uni-Trak, permettendo l'adozione di una precamera più grande, che a sua volta, permette di utilizzare una marmitta più corta con conseguente maggiore accentramento della massa.


DIMENSIONI
  • Dimensioni (L x L x A) 2.075 x 715 x 1.115 mm
  • Interasse 1,425 mm
  • Altezza da terra 135 mm
  • Altezza della sella 813 mm
  • Capacità serbatoio 17 litres
  • Peso 198 kg / 201 kg (ABS)


NINJA 600



MOTORE
  • Tipologia motore 4 tempi, 4 cilindri in linea, raffreddato a liquido
  • Cilindrata 599 cm3
  • Alesaggio e corsa 67.0 x 42.5 mm
  • Rapporto di compressione 13.3:1
  • Distribuzione/aspirazione DOHC, 16 valvole
  • Sistema di iniezione Iniezione carburante: Ø38 mm x 4 (Keihin) con sottovalvole a farfalla ovali, iniezione doppia
  • Iniezione Digitale
  • Avviamento Elettrico
  • Lubrificazione Lubrificazione forzata a carter umido


TELAIO
  • Tipo d  telaio Perimetrale, pressato alluminio
  • Angolo di inclinazione del cannotto di sterzo/avancorsa 25˚ / 103 mm
  • Corsa ruota anteriore 120 mm
  • Corsa ruota posteriore 134 mm
  • Pneumatico anteriore 120/70ZR17M/C (58W)
  • Pneumatico posteriore 180/55ZR17M/C (73W)
  • Angolazione dello sterzo sinistra/destra 27°/27°


PERFORMANCE
  • Massima potenza 94.1 kW {128 PS} / 14,000 giri
  • Massima potenza con sistema RAM di immissione dell ’ aria 98.5 kW {134 PS} / 14,000 giri
  • Coppia massima 66.7 N.m {6.8 kgf.m} / 11,800 giri


TRASMISSIONE
  • Trasmissione 6 marce, estraibile
  • Trasmissione finale Catena sigillata
  • Rapporto di trasmissione 1.900 (76/40)
  • Rapporti: 1a 2.714 (38/14)
  • Rapporti: 2a 2.200 (33/15)
  • Rapporti: 3a 1.850 (37/20)
  • Rapporti: 4a 1.600 (32/20)
  • Rapporti: 5a 1.421 (27/19)
  • Rapporti: 6a 1.300 (26/20)
  • Rapporto di trasmissione finale 2.688 (43/16)
  • Frizione Dischi multipli in bagno d’olio, manuale


FRENI
  • Freno anteriore A doppio disco semiflottante da 300 mm (xt6 mm) a margherita Ad attacco radiale con 4 pistoncini contrapposti (in alluminio) e 4 pastiglie, Nissin
  • Freno posteriore Singolo disco a margherita da 210 mm (x t5 mm) Flottante a singolo pistoncino, pistone in alluminio, Tokico


SOSPENSIONI
  • Sospensione anteriore Forcella upside-down con steli da 41 mm e molle a sbalzo smorzamento di compressione: Continuo smorzamento di estensione: Continuo precarico molla: Totalmente regolabile (0-15 mm)
  • Sospensione posteriore Uni-Trak con ammortizzatore a gas, molla a sbalzo e supporto superiore con cuscinetto a sfera smorzamento di compressione: Continuo, doppio range (velocità alta/bassa) smorzamento di estensione: 25 posizioni precarico molla: Totalmente regolabile (5.5-15.5 mm)


DIMENSIONI
  • Dimensioni (L x L x A) 2.090 mm x 705 mm x 1.115 mm
  • Interasse 1.400 mm
  • Altezza da terra 120 mm
  • Altezza della sella 815 mm
  • Capacità serbatoio 17 litri
  • Peso 191 kg


SPECIFICHE TECNICHE
  • Conformità ai limiti UE

NINJA 300


MOTORE
  • Tipologia motore Raffreddamento a liquido, 4 tempi, 2 cilindri in linea
  • Cilindrata 296 cm3
  • Alesaggio e corsa 62.0 x 49.0 mm
  • Rapporto di compressione 10.6:1
  • Distribuzione/aspirazione DOHC, 8 valvole
  • Sistema di iniezione Iniezione carburante: ø32 mm x 2 (Keihin), con doppia valvola ovale
  • Iniezione Elettronica
  • Avviamento Elettrico
  • Lubrificazione Lubrificazione forzata, carter umido


TELAIO
  • Tipo di telaio Tubolare a diamante in acciaio
  • Angolo di inclinazione del cannotto di sterzo/avancorsa 27° / 93 mm
  • Corsa ruota anteriore 120 mm
  • Corsa ruota posteriore 132 mm
  • Pneumatico anteriore 110/70-17 M/C 54S
  • Pneumatico posteriore 140/70-17 M/C 66S
  • Angolazione dello sterzo sinistra/destra 35° / 35°


PERFORMANCE
  • Massima potenza 29.0 kW {39 PS} / 11,000 rpm
  • Coppia massima 27.0 N.m {2.8 kgf.m} / 10,000 rpm


TRASMISSIONE
  • Trasmissione 6 marce con folle
  • Trasmissione finale Catena sigillata
  • Rapporto di trasmissione 3.087 (71/23)
  • Rapporti: 1a 2.714 (38/14)
  • Rapporti: 2a 1.789 (34/19)
  • Rapporti: 3a 1.409 (31/22)
  • Rapporti: 4a 1.160 (29/25)
  • Rapporti: 5a 1.000 (27/27)
  • Rapporti: 6a 0.857 (24/28)
  • Rapporto di trasmissione finale 3.000 (42/14)
  • Frizione Multi-disco a bagno d'olio, manuale


FRENI
  • Freno anteriore Disco singolo, da 290 mm a margherita Pinza singola ad azione bilanciata a doppio pistoncino
  • Freno posteriore Disco Singolo da 220 mm a margherita Pinza a doppio pistoncino


SOSPENSIONI
  • Sospensione anteriore Forcella telescopica da 37 mm
  • Sospensione posteriore Bottom-Link, Uni-Trak, ammortizzatore caricato a gas, regolazione precarico su 5 posizioni


DIMENSIONI
  • Dimensioni (L x L x A) 2,015 mm x 715 mm x 1,110 mm
  • Interasse 1,405 mm
  • Altezza da terra 140 mm
  • Altezza della sella 785 mm
  • Capacità serbatoio 17 litres
  • Peso 172 kg / 174 kg (ABS)


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lunedì 14 settembre 2015

MANA 850 GT



L’ultima versione della automatica di Noale continua a stupire per il rendimento su strada e l’inaspettato piacere di guida che sa fornire sia in città sia più impegnativi percorsi guidati. Un concetto motociclistico completamente inedito e in parte geniale, un piccolo manifesto di capacità tecnologica e coraggio, unita a quel filo di trasgressione che da sempre è nel DNA di Aprilia.
Del resto Mana 850 si propone di rendere più accessibile il mondo della moto e delle sue emozioni a tutte le tipologie di utente. La versione GT di Mana nasce proprio per questo: un’elegante semicarenatura perfettamente integrata nella linea della moto arriva a proteggere pilota e passeggero nei lunghi trasferimenti così come nel commuting giornaliero, aumentandone la vocazione turistica.
Facile e intuitiva, poco affaticante nella guida la Mana si rivela anche un’ottima moto nell’uso stradale più intenso grazie a doti dinamiche e ciclistiche di grande pregio. Stabile e precisa si affida a sospensioni molto perforanti e a un impianto frenante di grandi dimensioni amplificando il concetto di sicurezza attiva tipico di questo tipo di moto. Ideale alternativa allo scooter di grande cilindrata e ottimo surrogato di molte naked alle quali ha poco da invidiare nella guida sportiva. La versione GT di serie oltre ad offrire il comodo cupolino, un vano porta oggetti ausiliario e una presa accendisigari, propone anche l’ABS di serie.

Motore
Il cuore comune della Mana è un bicilindrico da 839 cc, con una potenza all’albero di circa 75 CV, anche se la Mana nella nostra prova al banco ha fatto registrare una potenza superiore di circa 4,5 CV alla ruota (53,9 per il GP contro i 58,3 CV della Mana). Si tratta di un motore non eccessivamente superquadro, dove la misura dell’alesaggio è molto vicina a quella della corsa (88 x 69 mm); questa caratteristica, unita alla configurazione bicilindrica, regala un'elevata coppia già a bassi regimi, anche se a parziale discapito della potenza massima e dell’allungo agli alti.
La distribuzione usa uno schema piuttosto semplice dotato di un singolo albero a camme in testa che muove le quattro valvole presenti in ciascun cilindro. La gestione elettronica del motore passa anche per un sofisticato sistema di iniezione elettronica Weber Marelli, che utilizza un singolo corpo farfallato da 38 mm e un sistema di accensione con due candele per cilindro; soluzioni che consentono una combustione ottimale ad ogni regime a tutto vantaggio del rendimento termodinamico del motore e, quindi, delle prestazioni e della riduzione delle emissioni inquinanti.

Telaio
Il motore della Mana è imbrigliato in un rigido telaio a traliccio in acciaio, collegato posteriormente a un forcellone monolitico in alluminio. Il monoammortizzatore è posizionato lateralmente e consente di liberare spazio prezioso per lo scarico nella delicata zona dietro al motore, consentendo al tempo stesso di realizzare una moto molto compatta, con solo 1.463 mm di interasse. La forcella è un'unità a steli rovesciati da 43 mm di diametro e l’escursione della ruota è di 120 mm.

Trasmissione
La Mana è dotata di un cambio molto avanzato, perché il sistema consente di ottenere una risposta del motore perfettamente ben accordata con la trasmissione, rapido e progressivo grazie al sistema di variazione continua di tipo CVT. La differenza rispetto ai sistemi CVT classici degli scooter è insita nello sfruttamento di un motorino passo-passo, che nella modalità di cambiata sequenziale, disponibile solo sulla Mana, permette al pilota di selezionare il rapporto inserito senza però dover azionare la leva della frizione, che infatti non è presente sull'Aprilia, sfruttando una cinghia per la trasmissione primaria e la catena per quella secondaria. In modalità sequenziale le due semipulegge del cambio CVT non si spostano in modo progressivo, ma su sette posizioni predefinite tramite un servomeccanismo.
A questo corrispondo i sette rapporti disponibili in modalità manuale. In modalità automatica ci sono invece tre diverse mappe: la Standard, per un uso quotidiano, che prevede un intervento del variatore che tende a mantenere il motore in corrispondenza della coppia massima, minimizzando i consumi, la Sport, che strutta il motore verso i regimi più alti, perfetta quindi per ottenere maggiore allungo e migliori doti di accelerazione, e la Rain, che eroga la potenza in modo particolarmente dolce, per evitare perdite di aderenza sulla ruota motrice in caso di eventuali fondi scivolosi.

Su strada
Guidare una moto senza avvalersi dell’uso del cambio si può, ce lo dimostra con fascino e naturalezza la nuovissima proposta di casa Aprilia nel campo delle moto nude di media cilindrata. Si chiama Mana e conquista il suo pubblico con un design singolare e decisamente curato. Molto personale nelle linee estetiche, dominate dal grande serbatoio che nasconde “furbamente” al suo interno un ampio vano portaoggetti in cui si può addirittura riporre un casco integrale, permettendo così di usufruire dello stesso spazio di un bauletto senza le controindicazioni estetiche e dello spostamento dei pesi tipici di questo accessorio.

È la prima moto della storia in grado di unire in un solo mezzo i vantaggi di comfort e praticità tipici di uno scooter, come la mancanza del cambio e della leva frizione, proponendo così una guida più facile e confortevole, con un'impostazione di guida da moto “vera”, ben caricata sull’anteriore e dotata di sospensioni e freni di ottimo livello, che le donano una guidabilità e una maneggevolezza decisamente elevate. A colpire è proprio la risposta del motore, che lavora in perfetta simbiosi con il sistema di trasmissione, sempre rapido e progressivo, con un sistema di variazione continua di tipo CVT.

Tale sistema consente di scegliere ben quattro modalità di intervento e di diverso funzionamento del cambio, dalla standard a quella sportiva, alla “rain”, fino a quella completamente manuale, tramite la quale le marce vengono richiamate in salita o in scalata con due pulsanti posti sulla blocchetto sinistro del manubrio. Per i più tradizionalisti la stessa operazione di selezione del rapporto può essere effettuata anche utilizzando il classico selettore del cambio a pedale che resta presente sulla moto.

L’accelerazione da fermo e le partenze dal semaforo diventano così il suo punto di forza, grazie anche alla grande coppia del bicilindrico a V di 90° da ben 839 cc e alla progressione immediata e senza cali o interruzioni al momento della cambiata. In città si apprezza il cambio automatico, che non costringe a continui azionamenti della leva della frizione nelle ripartenze da fermo, né all’uso del selettore a pedale.

In curva emerge una buona solidità dell’anteriore e una valida capacità di piega, mentre le sospensioni ben frenate nella fase finale della corsa regalano una grande stabilità anche all’aumentare della velocità. La protezione aerodinamica si dimostra accettabile, soprattutto per il tipo di mezzo, mentre se si vuole contenere la mancanza di freno motore in fase di decelerazione è sufficiente posizionare il cambio sulla modalità manuale.

Basta guidarla per pochi metri perché la Mana riesca a convincere anche i motociclisti più scettici e integralisti sulla bontà delle sue scelte tecniche, convincendo gli amanti della guida su due ruote ormai stufi di alternare la guida dello scooter nel classico tragitto casa-ufficio a quella della moto durante le uscite domenicali. Non a caso sui passi delle dolomiti ci siamo tolti numerose soddisfazioni nella guida sportiva, tenendo con grande semplicità e poco impegno un ritmo difficilmente avvicinabile da sportive e motard che provavano tenere le nostre traiettorie per più di due tre curve.

In inserimento infatti il freno motore quasi assente aiuta molto la discesa in piega e la velocità di ingresso in curva riesce a mantenersi sempre molto elevata, senza i classici rallentamenti in ingresso anche dopo aver mollato i freni. Praticamente impeccabili i nuovi pneumatici Pirelli Diablo Angel ST che equipaggiano di serie la Mana, rapidissimi nell’entrare in temperatura anche con temperature piuttosto rigide come quelle incontrate sui passi alpini, ed esenti da incertezze anche su fondi umidi o a bassa aderenza, mantenendo una buona stabilità anche in velocità e in frenata.

Unico piccolo neo della Mana in fase di uscita di curva, riaprendo completamente e con decisione il gas nelle pieghe più decise (quando in pratica la pedana sfiora il terreno) il piccolo effetto on off legato al “riattacco” della trasmissione automatica che scarica inizialmente in modo poco progressivo la potenza alla ruota tende ad innescare qualche piccolo scivolamento della ruota posteriore.

Scheda tecnica
Motore: 2 cilindri a V di 90°, 4T
Raffreddamento: a liquido
Cilindrata: 839 cc
Potenza: 76,1 CV (56 kW) a 8.000 giri/min
Coppia 73 Nm (7,45 kgm) a 5.000 giri/min
Alimentazione: iniezione elettronica, diametro del corpo farfallato singolo 38 mm
Capacità serbatoio carburante: 16 litri
Trasmissione: primaria a cinghia, finale a catena
Frizione: automatica centrifuga
Cambio: sequenziale a gestione elettronica
Telaio: a traliccio in acciaio
Sospensioni: ant. forcella rovesciata da 43 mm, post. forcellone con monoammortizzatore regolabile
Pneumatici: ant. 120/70 ZR17, post. 180/55 ZR17
Impianto frenante: ant. doppio disco flottante in acciaio da 320 mm, post. disco singolo in acciaio da 260 mm
Altezza sella: 800 mm
Interasse: 1.463 mm
Peso a secco: 203 kg
Prezzo: 10.550, euro

domenica 13 settembre 2015

TUONO



L'Aprilia Tuono è una moto stradale naked (sprovvista di protezioni aerodinamiche) prodotta dall'Aprilia, questo modello è stato presentato in tre diverse cilindrate: 50, 125 e 1000 cm³.

TUONO 50
L'Aprilia Tuono 50 è il ciclomotore naked della casa motociclistica di Noale e riprende in modo quasi identico le livree della 125; il modello risulta essere molto simile al modello RS125, dato che entrambi utilizzano la stessa ciclistica e componenti, comunque questo modello non ha avuto molto successo e infatti è rimasto in produzione solo per due anni, dal 2003 al 2004.

TUONO 125
L'Aprilia Tuono 125 è la moto della casa di Noale, che in Italia è stata proposta solo depotenziata per permetterne l'utilizzo ai sedicenni e riprende le livree della più grande Tuono 1000; anche questo modello risulta essere molto simile al modello RS di pari cilindrata, dato che entrambi utilizzano la stessa ciclistica e componenti.
Anche questa moto, come la sorella di cilindrata minore, è rimasta in produzione solo per due anni, dal 2003 al 2004.

TUONO 1000
L'Aprilia Tuono 1000 è una bicilindrica raffreddata a liquido, costruita su base RSV Mille presentata e commercializzata per la prima volta nel 2002.
Alla presentazione questa naked innovativa presentava una potenza elevata per un modello privo di carenatura (125 Cv e un cupolino derivato direttamente dalla carena della sportiva RSV Mille. Dedicata a un utilizzo prettamente stradale, questa 1000 si presta anche ad utilizzi più sportivi, una novità per questo segmento. Nel 2003 è stata presentata la RSV Mille Tuono R Limited Edition, prodotta in serie limitata e numerata in soli 200 esemplari. Impreziosita da carbonio e magnesio è una vera chicca per i collezionisti.
Dello stesso anno anche la RSV Mille Tuono Racing che nasce per consacrare l'indole sportiva di questa moto. Carbonio ovunque, ruote in alluminio forgiato la rendono leggerissima, è dotata di sospensioni Ohlins. Viene presentata in versione stradale e solo pista.
Il 2006 è l'anno del cambio generazionale della Tuono, utilizzando la componentistica dell'RSV 1000 R del 2004; è nuova anche nel nome, che perde il prefisso 'RSV' ed esprime la cilindrata con caratteri numerici, guadagna in agilità ed in peso, ma anche in potenza massima che arriva a 139Cv. La Tuono 1000 R Factory viene prodotta in 300 esemplari all'anno, presenta sospensioni Ohlins, ruote in alluminio forgiato e particolari in carbonio. Viene prodotta anche negli anni 2007 e 2008 con modifiche prettamente estetiche .
Nel 2007 viene presentata la Tuono 1000 R Daytona, replica della moto che ha trionfato nel 2007 alla gara di endurance a Daytona. Prodotta in 150 esemplari è una variante grafica della Tuono R.


DORSODURO 750




La Dorsoduro è una motocicletta prodotta da Aprilia a partire dal 2008 e appartiene alla categoria Supermotard (anche se da alcuni è ritenuta una naked).
Il motore che spinge questa moto è un bicilindrico da 750cm³ che eroga 92cv a 8.750 giri e una coppia di 82 Nm a 4.500 giri. La moto è una delle prime ad adottare la tecnologia Ride by Wire, che permette di controllare elettronicamente l'apertura dei corpi farfallati in base a diversi parametri in modo da ottimizzare l'erogazione della potenza in ogni situazione.
La centralina mette a disposizione tre mappe: Sport, Touring e Rain, selezionabili tramite un apposito switch sul manubrio che permettono di adattare al meglio l'erogazione del motore e la sua risposta all'acceleratore in base alle condizioni di guida.
Un aspetto che caratterizza ulteriormente questa moto è la ciclistica di buon livello, la moto presenta infatti forcelle rovesciate da 43mm e freni a disco a margherita che le conferiscono un comportamento sempre facile e sicuro anche su strade con molte asperità.
La moto è disponibile sia in versione ABS che in versione ABS Factory, che presenta raffinate sospensioni Sachs completamente regolabili e alcune sovrastrutture in carbonio.
A fine ottobre 2010 è stata presentata la nuova Dorsoduro 1200 che dispone di un bicilindrico da 1200 cm³ che eroga 130 CV a 8.700 giri e una coppia massima di 115Nm a 7.200 giri. Come la sorella di cilindrata inferiore ha il Ride by Wire, le tre mappature del motore ed il sistema anti bloccaggio, mentre per gestire la maggiore potenza è stato aggiunto il controllo di trazione. Rispetto alla 750 base ha sospensioni completamente regolabili (come la Factory) ed un impianto frenante più efficace marcato Brembo anche se, rispetto alla sorella di cilindrata inferiore, perde un po' di agilità a vantaggio di una maggiore stabilità e di una maggiore precisione direzionale. Le uniche differenze estetiche con la 750 sono la sella ricamata e i due nuovi silenziatori sottosella.
Nel 2008 la Dorsoduro di serie guidata dall’italiano Andrea Padovani si è classificata quinta nella ottantaseiesima Pikes Peak International Hillclimb, una massacrante corsa che si tiene nelle montagne del Colorado e che consiste nello scalare una delle più alte montagne degli Stati Uniti fino a 4300 metri di quota lungo una salita di sterrato di 20 km di lunghezza. La gara è stata vinta da un'altra Aprilia, la SXV 5.5 condotta dall’americano Davey Durelle.
Nel 2009 la Dorsoduro sarà impegnata nel Campionato Europeo SuperMoto, nella nuova categoria HyperMoto, riservata a motard di fascia alta, insieme a KTM, BMW e Ducati. Per l'occasione verrà usata la Dorsoduro RR, una versione racing della Dorsoduro da 138 kg di peso e 100 CV di potenza massima.

sabato 12 settembre 2015

CAPONORD



L'Aprilia ETV 1000 Caponord è un modello di motocicletta enduro stradale prodotta dalla casa motociclistica Aprilia.

PRIMA SERIE
Nel 2001 Aprilia lancia su strada la prima serie di questa moto, che durerà fino al 2003, sfruttando il proprio know how nella progettazione dei telai, maturata negli anni in particolare nelle classi del Motomondiale Classe 125 e 250 permette ad Aprilia di progettare un telaio doppio trave laterale curvato e inclinato, ossia un telaio perimetrale costituito da un doppio trave a geometria variabile in lega di alluminio e magnesio su cui poggia un telaietto reggisella smontabile in acciaio.
Il cannotto di sterzo, è saldato al telaio e sorregge il sistema di forcelle anteriori da 50mm della Marzocchi caratterizzate da una escursione di 175 mm, mentre il forcellone posteriore è in lega di alluminio e magnesio, con corpo centrale fuso a conchiglia, bracci estrusi e terminali forgiati, è munito con una sospensione pluriregolabile Sachs, con biellismo progressivo con escursione di 185mm. Il Caponord è equipaggiato di serie con pneumatici tubeless montati su cerchi a raggi di tipo tangenziale che in concomitante presenza di mozzi cavi dotati di perni di grande diametro hanno un'elevata rigidità torsionale.
Per quanto riguarda il motore è sempre dell'austriaca Rotax bicilindrico, il V998 già in uso sulle sorelle RSV, Tuono, Futura e Falco, ma rivisto in molti particolari, così come il cambio, rivisto per essere più robusto, inoltre rispetta la normativa Euro I.
Per quanto riguarda la linea, viene dettata da un approfondito esame aerodinamico delle sovrastrutture nella ricerca di garantire il miglior comfort di marcia.

SECONDA SERIE
La seconda serie della ETV vede il debutto con annesso il restyling solo nel 2004; a prima vista appare evidente la modifica della parte anteriore, gli indicatori di direzione integrati nella carenatura danno spazio a nuove frecce con profilo a goccia con vetrino trasparente.
Cambiano anche alcuni componenti interni, innanzitutto la mappatura del Rotax V-990 diventa più fruibile e accondiscendente verso regimi di rotazione più bassi nonostante l'architettura intrinseca del motore austriaco non possa scendere a troppi compromessi. Elemento rivisto approfonditamente è stato invece il regolatore di tensione. Dopo che nelle prime versioni era stato riscontrato un cablaggio dal calibro troppo esiguo, la nuova versione presenta una cavetteria di più alta resistenza.
Cambiano anche alcuni particolari come le protezioni ai lati dei silenziatori, prima neri ora in acciaio satinato e la conformazione del cavalletto centrale (offerto sempre come optional) che nella prima serie tendeva a toccare terra nelle pieghe più spinte.
La struttura anteriore rimane la medesima, forcelle Marzocchi da 50 mm, ma le molle vengono sostituite con altre di tipo progressivo. Il monoammortizzatore posteriore rimane anche in questo caso il Sachs a cui viene riprogettato il sistema di regolazione sul precarico, mantenendo comunque l’effetto progressivo della sospensione. Sotto la sella pilota viene aggiunta una guaina isolante estraibile in gomma in grado di evitare l’eccessivo riscaldamento della sella soprattutto nel periodo estivo e durante le lunghe soste ai semafori nella guida urbana.
A partire dal 2005 viene fornito con sistema ABS di serie disinseribile tramite un pulsante posto sulla destra del cruscotto. Costruito in collaborazione con Brembo e Bosch, che è caratterizzato da doppi sensori che contemporaneamente leggono la rotazione di entrambe le ruote, nel caso in cui una delle ruote si bloccasse la centralina modula la pompa ABS posta davanti al monoammortizzatore è sdoppiata e comanda in maniera indipendente la ruota anteriore e quella posteriore, le quali adottano freni a disco generosi, con impianto frenante muniti di tubi in treccia metallica. Il sistema è comunque disinseribile nel caso di guida su terreni accidentati come ghiaia, sabbia e fango e dove è l’affondamento della ruota nel terreno che permette innanzitutto l’arresto del veicolo.
Inoltre queSta seconda serie viene omologata Euro II.
Nel 2013 è stata lanciata la versione 1200 della Caponord. È dotata di un propulsore bicilindrico a V di 90° da 125 cv di potenza e del sistema elettronico Aprilia Dynamic Damping, che permette al mezzo di settare dinamicamente le sospensioni in base al carico e al tipo di terreno e di andatura. È stato inoltre installato il Ride-By-Wire che permette di settare il motore nelle opzioni Touring, Sport e Rain in base alle esigenze del pilota. L’alimentazione è costituita da due corpi farfallati e due doppi iniettori multiholesper abbinati ad un'accensione tipo Twin Spark con pipette di tipo Stick-coil. Il moto viene trasmesso dal propulsore alla ruota attraverso la trasmissione finale a catena, mentre la parte elettronica viene alimentata da un generatore dotato di una potenza di 690 Watt. Il telaio è realizzato in tubi d'acciaio. L'impianto frenante implementa ABS e freni Brembo con doppi dischi flottanti da 320 mm nella sezione anteriore con morsi da due pinze monoblocco a 4 pistoncini e attacco radiale, mentre nel retrotreno si trovano un disco da 240 mm e una pinza flottante a singolo pistoncino.

I comandi sono di tipo classico facilmente raggiungibili senza togliere le mani dalle manopole che vengono protette da paramani a tutta fascia di serie.
Il cruscotto, a sfondo blu con tre diversi gradi di luminosità, è diviso in tre zone, sulla sinistra il tachimetro, il contachilometri totale e parziale, al centro il contagiri con ben evidente la spia verde della folle mentre sulla destra compare il display multifunzione indicante la temperatura del liquido di raffreddamento, la temperatura atmosferica, l’ora e la benzina ancora disponibile sotto forma di torta a spicchi. Il display ha anche funzione di diagnostica che mediante diversi codici numerici indica la presenza di un malfunzionamento. Sull’apice del cruscotto sono presenti le spie della pressione dell’olio, del cavalletto laterale aperto e della diagnostica del motore. Al momento di girare la chiave viene effettuato un controllo generale che viene evidenziato dall’illuminazione di tutte le spie.
Il peso elevato della moto (238 kg) può creare imbarazzo nelle manovre da fermo e sino a 10–15 km/h dopodiché influisce in maniera molto minore. I piedi del pilota appoggiano sulle larghe pedane ricoperte di gomma antisdrucciolo e le ginocchia si accomodano nelle ampie anse del serbatoio dalla capienza di 25 litri di benzina, la sella è ampia e incavata. Il passeggero trova alloggio su una sella con seduta a diversa altezza rispetto a quella del pilota e ha a disposizione delle ampie maniglie d'appiglio.
La frizione è dotata di sistema idraulico e della possibilità di regolare la distanza della leva in base alle proprie esigenza (anche quella del freno è regolabile). La frizione è inoltre dotata di dispositivo antisaltellamento. Il motore è previsto principalmente per regimi di rotazione superiori ai 3.000 giri al minuto, cosa che si fa notare nell'uso cittadino.
L’ETV sembra maggiormente destinato alle lunghe maratone autostradali e ai curvoni veloci. L'autonomia può raggiungere e superare i 350 chilometri.
Oltre all’abitabilità per pilota e passeggero, il Caponord offre una possibilità di carico che può arrivare fino a 130 litri grazie al baule centrale (che può ospitare 2 caschi integrali) e le due valigie laterali rigide a goccia. Possibilità che può oltremodo aumentare mediante una classica borsa da serbatoio che può essere montata mediante cinghie.
L’illuminazione notturna è garantita dal doppio faro polielissoidale.

giovedì 10 settembre 2015

RS4 50


L'Aprilia RS4 è una motocicletta sportiva dell'Aprilia, prodotta dal 2011.
Con i modelli della serie "RS4", l'Aprilia segue il filone delle moto da strada derivate dalle sorelle maggiori che partecipano alle competizioni, in questo caso l'Aprilia RSV4.
La serie è stata pensata per affiancare e parzialmente sostituire la gamma produttiva "RS"; presentata per la prima volta durante l'EICMA del 2010 è entrata in produzione nei primi mesi del 2011.
La carenatura, come nella sorella RSV4, mette in evidenza il telaio e motore, al frontale si ha un triplo faro anteriore, mentre il fanale posteriore è a led.
Il telaio è lo stesso utilizzato dall'RS 50 dal 1999, con un forcellone però differente, la sospensione anteriore è costituita da una forcella upside-down (steli rovesciati) da 41 mm capace di una corsa di 110 mm, con i foderi della stessa anodizzati rossi e neri[1].
L'impianto frenante è munito di un disco in acciaio inox da 300 mm di diametro con pinza radiale a quattro pistoncini con tubo freno in treccia metallica, supportato al posteriore da un disco da 220 mm con pinza flottante a singolo pistoncino con tubo freno in treccia metallica.
Le cilindrate disponibili sono due: la prima con un propulsore monocilindrico, due tempi da 50 cm³ (D50B1) prodotto dalla Derbi e munito di miscelatore, la seconda con uno monocilindrico, quattro tempi da 125 cm³ (Derbi/Piaggio) raffreddato a liquido.


martedì 8 settembre 2015

RSV4




L'Aprilia RSV4 è una motocicletta stradale sportiva realizzata dalla casa di Noale.
Presentata in due versioni: la R dal prezzo inferiore più adatta ad un uso giornaliero su strada, e la Factory da dove viene derivata la moto partecipante al mondiale Superbike, dal costo maggiore e con specifiche da competizione, consigliata per motociclisti esperti.
Si inserisce nel segmento di mercato delle cosiddette maximoto, ponendosi quindi come veicolo di punta dell'azienda veneta e sostituendo l'Aprilia RSV 1000.

La prima moto sportiva quattro tempi di cilindrata elevata dell'Aprilia fu la RSV 1000, questo mezzo è stato per lungo tempo il modello di punta tra quelli concepiti dalla casa di Noale, ottenendo risultati discreti nel mondiale Superbike dei primi anni 2000.
Nel 2003 venne presentato il prototipo RS Cube, destinato a competere nella nuova classe MotoGP, con soluzioni tecniche all'avanguardia e finora mai utilizzate su una motocicletta, ma le innovazioni introdotte non furono sufficienti per concorrere con i migliori marchi, così che la moto venne presto ritirata dalle gare.
Dal 2007 in poi però, l'Aprilia ha deciso di ricominciare la ricerca e lo sviluppo su un mezzo di alta cilindrata, il risultato è stata (nel 2009) la RSV4, concepita inizialmente per correre nel mondiale Superbike.
Gran parte del merito la si deve al Gruppo Piaggio, che controlla la società veneta, e che ha investito 25 milioni di € nel progetto per 3 anni e mezzo, inoltre sono stati impiegati tecnici di grosso calibro, come l'Ing. Claudio Lombardi, noto per aver dato i natali alle Lancia Delta campioni del mondo rally negli anni ottanta e novanta, ma anche dei propulsori Ferrari di Formula 1 nei primi anni '90. Il fulcro è stato infatti il motore, poiché in precedenza, quelli montati sulle moto italiane, erano forniti dall'azienda austriaca Rotax, mentre quello dell'RSV4 è completamente italiano.

Per quanto riguarda la prototipazione e lo sviluppo in pista, il tutto viene svolto dall'Aprilia Racing (reparto corse dell'azienda).
Nella versione Factory derivata dalla serie, vince nel 2010 il titolo piloti con alla guida Max Biaggi ed anche il titolo costruttori, facendo vincere i primi titoli iridati all'Aprilia nel mondiale Superbike. Risultati ripetuti nel 2012. Nel 2014 il pilota francese Sylvain Guintoli riporta la rsv4 in cima al podio della superbike diventando campione del mondo e, insieme a Marco Melandri riportano a Noale pure il titolo costruttori.

APRILIA

CAPONORD
DORSODURO 750
DORSODURO 1200
MANA 850 GT
RS4 50
RS4 125
RSV4
RX 50
SCARABEO 50
SCARABEO 100
SCARABEO 125
SCARABEO 200
SHIVER
SR 50
SR 125
SR MAX 300
SRV 850
SX 50
TUONO

sabato 5 settembre 2015

YZF-R6



La Yamaha YZF-R6 è una motocicletta sportiva ad alte prestazioni di media cilindrata (599cm³) prodotta dalla Yamaha Motor a partire dal 1999.

1ª serie 1999-2002
La prima versione prodotta segnò una svolta radicale nel settore delle medie supersportive di quel tempo, sia dal punto di vista stilistico che tecnico. Ne sono un esempio l'impostazione di guida marcatamente sportiva e le quote ciclistiche esasperate. La YZF-R6 non ereditò molto dalla precedente YZF 600 Thundercat, di impostazione decisamente più da granturismo veloce che da sportiva pura. Sia il motore che il reparto ciclistica-sospensioni furono soggette ad una completa riprogettazione da parte della casa di Iwata. I tecnici Yamaha resero la moto meno fruibile su percorsi cittadini ma estremamente efficace in circuito, così da fissare nuovi standard per la categoria delle medie sportive. Il nuovo modello era chiaramente destinato ad essere un'ottima base di partenza per i team impegnati nel Campionato Mondiale Supersport.
Le sue peculiarità sono nel valore molto alto del regime massimo di rotazione pari a 14000 giri/minuto, e nella potenza massima di 120 CV a 13000 giri per un motore di soli 599cm³ di cilindrata. La Yamaha R6 inoltre disponeva inoltre di una presa d'aria anteriore che con l'aumentare della velocità immette aria in pressione nella scatola del filtro dell'aria così da garantire un piccolo aumento di cavalli.
Nel 2001 viene effettuato un aggiornamento del modello precedente. L'estetica rimane invariata, solo le luci posteriori vengono aggiornate con luci di tipo LED. La meccanica invece subisce un aggiornamento più sostanziale: pistoni alleggeriti e bielle modificate per avere più prontezza ai medi regimi. Inoltre viene aggiunto il sistema U Lock sotto la sella e la moto viene alleggerita di 1.5 KG e l'angolo dei semimanubri viene cambiato per garantire un miglior comfort.

2ª serie 2003-2005
Nel 2003 la moto viene completamente stravolta. Telaio Deltabox III completamente inedito, motore rivisto nel 90% delle sue parti e l'alimentazione passa da quella a carburatori a quella ad iniezione elettronica, cerchi con raggi ultraleggeri a 5 razze, gruppo di fanali anteriori lenticolari a 4 luci e peso di 162 KG.
La potenza massima dichiarata è di 122 CV a 13000 giri con airbox in pressione. Sebbene la potenza massima sia di poco superiore rispetto al modello precedente, il passaggio all'iniezione elettronica ha garantito un affinamento dell'erogazione del motore aumentando la coppia su tutto l'arco di giri del motore. Questa serie di R6 dal 2006 prenderà il nome di R6S e affiancherà la vendita della terza serie di R6 fino al 2010.
Nel 2005 l'R6 subisce un aggiornamento che include: corpi farfallati maggiorati da 38mm a 40mm che aumentano la potenza massima a 125 CV sempre a 13000 giri e viene così migliorata l'erogazione su tutto l'arco di erogazione, una nuova mappatura della centralina sempre per affinare l'erogazione del motore, forcelle a steli rovesciati da 41mm, pompa e pinza freno ad attacco radiale e l'omologazione sulla carta di circolazione a poter montare uno pneumatico 120/70 R17 all'anteriore.

3ª serie 2006
Nel 2006 la Yamaha R6 viene stravolta di nuovo. La moto è completamente nuova, più orientata alle gare e con una carenatura completamente nuova. Il silenziatore è stato rimpicciolito e spostato in basso vicino al motore per una centralizzazione delle masse ed avere quindi più maneggevolezza. Tecnologie derivanti dalle competizioni come YCC-T (sistema di controllo elettronico del gas) sono state aggiunte per uno sfruttamento più esteso e lineare delle curve di potenza e coppia. YCC-T, conosciuto anche come "ride by wire" controlla automaticamente l'apertura dei corpi farfallati in base all'apertura del acceleratore e del numero di giri per garantire sempre un'accelerazione ottimale. Le peculiarità del modello 2006 sono nel valore molto alto del regime massimo di rotazione pari a 16500 giri/minuto, e nella potenza massima di 127 CV a 14500 giri per un motore di soli 599cm³ di cilindrata. Il motore è poco sfruttabile a bassi regimi ma potente agli alti e quindi predilige una guida pistaiola.
Quando la Yamaha R6 terza serie venne immessa sul mercato vantava di una zona rossa ed un limitatore di giri che intervenivano a 17500 giri al minuto ed era il contagiri con la zona rossa più alta di tutte le moto del 4 cilindri del 2006. Tuttavia i giri effettivi che riusciva a prendere il motore erano intorno ai 15800 ed un generoso scarto della strumentazione dell'10% ne riportava appunto 17500. Nel febbraio 2006 Yamaha ha ammesso che i giri effettivi erano più bassi di circa 1750 rispetto a quelli segnati dalla strumentazione e si offrì di ricomprare tutte le moto vendute in caso di clienti non soddisfatti.
Nel 2008 l'R6 subisce un aggiornamento che porta alcune novità: maggiore rigidità del telaio e nuovo telaietto in magnesio, rapporto di compressione portato a 13:1 e riduzione degli attriti interni al motore hanno portato la potenza massima a 129 CV. È stato introdotto il YCC-I (sistema servoassistito di aspirazione variabile) che varia la lunghezza dei cornetti d'aspirazione in base ai giri motore e all'apertura del acceleratore.
Nel 2010 la Yamaha R6 subisce un altro aggiornamento improntato più alla fruibilità della moto su strada. Il silenziatore è 10 cm più lungo del precedente per ridurre il rumore e aumentare la resa ai giri intermedi. La mappatura della centralina elettronica è stata rivista per ottenere un motore più gestibile, inoltre sono stati rivisti i cornetti d'aspirazione, la scatola del filtro dell'aria e i collettori di scarico. La potenza dichiarata è passata a 124 CV.

YZF-R1


YZF-R1 è la sigla della motocicletta con cui la Yamaha Motor si cimenta nel settore delle due ruote super sportive di cilindrata 1000 cm³.
Presentata in anteprima all'EICMA di Milano il 15 settembre 1997 ed entrata in produzione nel 1998, è il fiore all'occhiello della casa dei tre diapason, che la presenta in contrapposizione ad altre moto giapponesi similari quali la Suzuki GSX-R1000, la Honda CBR 1000RR e la Kawasaki Ninja ZX-10R, oltre che utilizzarla con modifiche parziali rispetto a quella stradale per le competizioni motociclistiche che vedono la partecipazione di moto sportive derivate dalla serie, quali la Superbike e la Superstock.

Con la R1, Yamaha ha dato avvio ad un cambiamento di strategia: le moto sportive degli anni novanta erano perlopiù di 750 cm³ di cilindrata e a R1 è stata la prima moto da 1000 cm³ con caratteristiche veramente sportive, a differenza delle precedenti che erano più pesanti e poco maneggevoli. La combinazione di leggerezza e aggressività dell’erogazione hanno dato un marchio a questa moto, a volte difficile da gestire, se non si era abbastanza esperti.
Il primo modello di R1, del 1998, aveva un motore a carburatori da 150 cv a 10000 giri/min e 11 kgm di coppia motrice a 8500 giri, misure di alesaggio x corsa di 74 x 58 mm, 5 valvole per cilindro e interasse di 1395 mm. Il telaio era un’evoluzione del Deltabox delle precedenti Yamaha FZR 1000. La forcella era da 41 mm, i freni anteriori con doppio disco da 298 mm e peso in ordine di marcia 205 kg.
La versione del 2002 ha subito diverse modifiche: innanzitutto un restyling estetico, nuovo telaio più rigido di circa il 30%, ma anche l’adozione dell’iniezione elettronica; la potenza è aumentata a 152  CV a 10500 giri/min (una decina in meno rispetto alla Suzuki GSX-R 1000), con una erogazione più lineare che rende la guida più equilibrata. Il peso dichiarato si assesta su 174 kg a secco.
Nel 2004 si è avuta un’ulteriore evoluzione, sia tecnica che estetica. Gli scarichi sono diventati 2 e sono spostati sotto la sella, le misure del motore sono diventate più superquadre, 77 x 53,6 mm e il peso a secco è diventato di 172 kg. La potenza, grazie ad un maggior allungo garantito dal nuovo motore, è aumentata a 172  CV a 12500 giri/min. La R1 2004 è dotata di pompa radiale per i freni anteriori con pinze anch’esse radiali. Si è riscontrato un peggioramento della maneggevolezza, dovuto soprattutto ad una posizione di guida più seduta sul posteriore, ma l’efficacia di telaio, freni e motore garantiva migliori prestazioni nella guida rispetto alla versione precedente.
Nel 2006 ci sono state solo piccole migliorie tecniche, il forcellone è stato allungato per garantire più trazione, l’interasse è aumentato così a 1415 mm. Per quanto riguarda il motore la nuova potenza dichiarata era di 175  CV.
Il modello 2007 ha presentato invece una rivoluzione, l’adozione delle 4 valvole per cilindro. La potenza è salita a 180  CV ed è stato adottato per la prima volta un acceleratore a comando elettronico (YCCT-I) insieme ad un sistema di aspirazione a geometria variabile (la lunghezza dei cornetti è maggiore ai bassi regimi e minore agli alti), per migliorare erogazione e potenza. I freni anteriori sono diventati a 6 pistoncini con dischi da 310 mm, ed è comparsa una frizione antisaltellamento.
Nel 2009 un’altra innovazione: l’adozione di un albero “a croce” che caratterizza il motore a scoppi irregolari, derivato dalla Yamaha YZR-M1 (prototipo da competizione). Anziché avere uno scoppio ogni 180° di rotazione come tutti i motori 4 cilindri in linea, la R1 2009 ha una sequenza 0°-270°-180°-90°. Il sound che ne deriva è esattamente quello di un V4 di 90°. Le misure di alesaggio e corsa diventano 78 x 52,2 mm, il rapporto di compressione è di 12,7:1, la potenza di 182  CV a 12500 giri, la coppia max 11,8 kgm a 10000 giri.

La scelta di una fasatura a scoppi irregolari è dovuta alla ricerca di una migliore risposta del motore in uscita di curva, a scapito della potenza massima: infatti questo motore si caratterizza per una notevole spinta ai medi regimi, dovuta anche all’acceleratore elettronico con 3 mappature. Purtroppo l’albero a croce impone un contralbero antivibrazioni, che contribuisce ad aumentare il peso della moto, sopra la media delle avversarie (206 kg in ordine di marcia).
Nella sua versione sportiva, nel campionato mondiale superbike riesce a vincere, per la prima volta nella sua storia, il titolo piloti 2009, con alla guida l’esordiente americano Ben Spies.

YAMAHA

YAMAHA

YZF-R1
YZF-R6

venerdì 4 settembre 2015

HONDA
HARLEY-DAVIDSON

HORNET 600



La Hornet o CB 600F è una motocicletta prodotta dalla casa giapponese Honda, nelle cilindrate 250, 600 e 900.

HORNET 250
Questa moto ha lanciato la serie Hornet nel 1996 ed è rimasta in produzione fino al 2006. Questa cilindrata non è stata mai importata ufficialmente in Italia.

HORNET 600
Questa moto durante la sua produzione ha avuto varie modifiche

Dal 1998 al 2003
La produzione della Hornet inizia nel 1998 con la prima serie. È un esempio motociclistico di naked sportiva e viene subito definita streetfighter, infatti su un telaio leggero viene montato il motore della sportiva CBR 600 1997.

I suoi punti di forza sono la linea pulita, il prezzo economico e le buone prestazioni.

Nel 2000 viene lanciata una nuova versione, la HornetS o CB600S, versione turistica dotata di cupolino e qualche cavallo in più, che si affianca alla F ma, anche a causa della linea non riuscitissima, non ne bisserà mai il successo. Contemporaneamente il cerchio anteriore da 16 passa a 17 pollici.

Dal 2003 al 2005
Subisce nel 2003 il primo facelift con il cambio dei fari, della coda, dello scarico, del serbatoio, delle fiancatine ed altre migliorie minori. A parte l'assetto molto più rigido grazie alle nuove forcelle, che ora non finiscono a fondocorsa nelle frenate più violente, poche le modifiche dal punto di vista tecnico che si mantiene fedele all'originale[1]. La versione S non viene aggiornata e verrà venduta fino ad esaurimento delle scorte, quando esce di listino.

Dal 2005 al 2006
Nel 2005 avviene l'ultimo cambiamento: la moto viene equipaggiata con un tachimetro di tipo digitale ed un piccolo cupolino e cambia la forcella anteriore che presenta steli di tipo rovesciato, più moderni e sportivi.

A fine 2006 termina la produzione della prima Hornet, contemporaneamente viene presenta la nuova versione (Hornet 2007) che arriva sui mercati europei nel 2007.

HORNET 900
Nel 2002 viene lanciata la versione di cilindrata maggiore, che verrà commercializzata (in Italia) fino al 2006, le linee anticipano il restyling che la versione 600 subirà l'anno successivo. Il motore deriva dalla Honda CBR 900 RR (CBR 900 Fireblade) a carburatori del 1998, dotato però in questo caso di iniezione elettronica e camme modificate, mentre il telaio, sempre in monotrave d'acciaio e con forma uguale alla 600 ma con spessore maggiorato per sopportare meglio le sollecitazioni date dalla maggiore potenza e coppia. Tale modello è conosciuto come 919, dalla cilindrata effettiva del motore che riporta stampata sullo stesso.

Caratteristiche in comune a tutti i modelli
Tra le linee guida che hanno sempre contraddistinto la prima serie della Hornet in tutte le sue cilindrate e versioni troviamo:
  • Faro tondo (a parte la versione 2007)
  • Scarico singolo alto sul lato destro che rasentava l'alloggiamento del passeggero (a parte la versione 900 e la versione 600 del 2007)
  • Motore completamente a vista
  • Maniglione posteriore (a parte la versione 2007)

La critica maggiore riferita alla Hornet è stata riferita al telaio, che essendo un monotrave in acciaio, non è stato mai abbastanza rigido o comunque è stato sempre considerato inferiore alle concorrenti, in virtù di queste considerazioni nella versione 2007 il vecchio telaio in acciaio è stato sostituito da uno più leggero e rigido in alluminio.

HONDA

HORNET 600
KAWASAKI
KTM

NINJA (ER-6)



La Kawasaki ER-6 (Essential Riding, cioè il necessario per farsi una "cavalcata") è una motocicletta prodotta dalla casa giapponese Kawasaki. Ha un motore bicilindrico da 649 cm³ riprogettato a partire da quello della ER-5, che l'ha preceduta per molti anni e viene venduta nella versione "n" (nuda) e "f" (carenata), mentre in America il modello carenato viene chiamato Kawasaki Ninja 650R. Da questo progetto a sua volta, deriva quello della Versys.
Commercializzata a partire dal 2005 la ER-6, che non ha nulla a cui spartire con la quasi "omonima" ER-5 a parte la facilità di guida, è disponibile in versione n (naked) o f (faired, carenata) nei colori giallo, argento e nero ebano la prima, solo nero e argento la seconda. Ha telaio con struttura "a diamante" in tubi di cromo-molibdeno saldati, ottimo compromesso tra robustezza ed economicità.
Dotata di soluzioni moderne come l'apparato frenante anteriore, con doppi dischi "a margherita", e il cambio estraibile, derivati dall'esperienza di un'altra sportiva Kawasaki la ZX-10R. La marmitta catalitica è sottopancia, soluzione che abbassa il baricentro facendo acquisire ulteriore maneggevolezza. Inoltre, questa soluzione avvantaggia il passeggero che ha meno ingombri e non deve subire il riscaldamento provocato dai gas di scarico.
Nel 2009, a seguito del successo di vendite dovuto principalmente alla vincente combinazione di maneggevolezza e prezzo aggressivo, è avvenuto il primo restyling che ha visto modificati i due componenti più spartani, gli unici che nelle versioni 2005-2008 avevano palesato l'economia generale di progetto: la strumentazione di bordo e il codino. È stato inoltre lievemente modificato l'aspetto del gruppo ottico anteriore e sostituiti gli specchietti retrovisori, ora più aggressivi. Nel 2012 invece è stato commercializzato un nuovo modello con telaio perimetrale a doppia trave in tubi di acciaio e con significativi cambiamenti estetici. Inoltre la nuova ER-6n comprende anche un'utile computer di bordo che permette di gestire i consumi.

Il motore è un bicilindrico 4 tempi ad iniezione elettronica e 4 valvole per cilindro da 649 cm³ con cambio a 6 marce, Sviluppa una potenza di 72 CV o 53 kW di potenza all'albero. La velocità massima è di circa 205 km/h, accelera da 0 a 100 km/h in 4,1" e percorre i 400 m riprendendo da 50 km/h in 6ª marcia in 13,8".

Dalle prove su strada effettuate dalle riviste di settore risulta che l'ER-6 è una moto docile ma pronta, con una ciclistica moderna e agile. È adatta ai principianti, ai motociclisti "di ritorno" e a quelli che desiderano un mezzo non eccessivamente impegnativo ma comunque divertente. I progettisti Kawasaki sono riusciti a imperniare il monoammortizzatore posteriore nella parte alta del telaio. Questo permette di basare il retrotreno su un forcellone a "cantilever", quindi molto lungo (la lunghezza del forcellone incide per circa il 40% della lunghezza della moto) ma ancorato molto in avanti. In questo modo la moto resta corta e, pertanto, molto stabile, benché rapida a scendere in piega.
La posizione di guida è quella classica delle moto stradali: le braccia non troppo raccolte e leggermente allungate. Le leve e i comandi sul manubrio sono disposti in maniera razionale e pertanto comodi da raggiungere senza distogliere lo sguardo dalla guida. Inoltre la moto è molto bassa e ciò la rende sicura anche per conducenti non molto alti.
La sella è stretta e si raccorda bene al serbatoio, anch'esso stretto nella parte bassa, che permette di stringere bene le gambe e la giusta angolazione anche ai conducenti più alti. Ma i tecnici hanno pensato anche al passeggero: la sella risulta, infatti, comoda anche per esso, ha a disposizione dei comodi maniglioni e le pedane sono alla giusta altezza per non farlo sentire "sul trespolo".


Z 1000



La Z1000 (ZR-1000A1) è una motocicletta prodotta dalla Kawasaki in due serie distinte, la prima dal 1977 al 1980 e la seconda a partire dal 2003 riprendendo in chiave neo-classica i modelli senza carena (definiti anche naked) prodotti negli anni settanta dello scorso secolo, in particolare l'antesignano Z-1 del 1973.

PRIMA SERIE
Presentato come erede della 900 Z1 nel 1977, si differenziava dalla progenitrice per un aumento dell'alesaggio del cilindro di 4 mm che faceva arrivare la cilindrata a 1.015 cm³.

Un'altra miglioria tecnica riguardava l'impianto frenante dove il freno a tamburo posteriore della 900 lasciava il posto ad un più moderno freno a disco.

Negli anni di produzione gli sviluppi successivi, oltre ad un generale aumento della potenza erogata dal propulsore, riguardarono l'aspetto estetico; da una due ruote completamente sprovvista di protezioni aerodinamiche si passò ad una maggiormente sportiva, la R, dotata di un piccolo cupolino e alla versione "ST" ove la sigla era l'acronimo di "Shaft Transmission" poiché in quest'ultima versione venne modificata anche la trasmissione passata dalla classica catena ad una maggiormente votata al turismo come quella a giunto cardanico. La sua corrispettiva con trasmissione a catena era la Z 1000 MK II, assai simile nell'aspetto ma con molte differenze meccaniche e ciclistiche che la rendevano una specie di "gemella diversa". La Z 1000 non aveva ancora esaurito la vena; nel 1981 debuttò la Z 1000 J con alesaggio ridotto a 69,4mm onde poter rientrare entro i 998 cm³ limite ammesso per la categoria pista TT1, l'antesignana dell'odierna Superbike. La Z 1000 J ricevette i nuovi carburatori Mikuni serie "BS" che assicuravano un'erogazione più docile anche parzializzando il gas a regimi molto bassi. Ultima evoluzione, nel 1983 apparve la versione Z 1000 R per la quale Kawasaki sfruttò sapientemente il ritorno di immagine sportiva lanciando la livrea "Eddie Lawson replica" nel tipico colore verde dei modelli da corsa della Casa di Akashi. Per concludere merita adeguata menzione l'allestimento Police, assai amato per le prestazioni, il confort ed il motore indistruttibile. Assemblata negli stabilimenti Kawasaki Motor Corporation U.S.A. di Santa Ana, CA, la versione equipaggiata per la Polizia fu resa celebre dalla serie televisiva CHiPs e restò sorprendentemente in produzione fino al 2003; meccanicamente era sostanzialmente (nell'ultima versione) una Z 1000 J da 998 cm³ dotata dei soliti 4 Mikuni BS 34 SS, mentre tra il 1978 e la fine degli anni '80 era in pratica una MK II con il 1015 cm³, i vecchi Mikuni VM 28 SS e il pedale per l'avviamento di emergenza. Potente ed affidabile al punto che prima di mandarla in pensione in favore delle moderne BMW ad iniezione e catalizzate ci son voluti ben 25 anni di onorato servizio.

SECONDA SERIE
Successivamente all'introduzione del nuovo modello che riprendeva l'antica denominazione di Z 1000, avvenuta nel 2003, sono state presentate le versioni di minor cubatura, Z750 e Z750s, quest'ultima semi-carenata.
Entrambi i modelli sono stati aggiornati ad inizio 2007, sia esteticamente sia tecnicamente, lasciando tuttavia invariata la cilindrata. Per ovviare ad un noto problema di vibrazioni il motore del modello 2007 è stato montato ancorandolo alla base dei cilindri.
Questa serie è stata prodotta fino al 2009, soppiantata dalla successiva serie.

Il motore è basato su quello della sportiva ZX-9R, per adeguarlo alle caratteristiche della nuova naked, l'originale motore di 899cc è stato modificato sia nell'alesaggio (garantendo un aumento di 54cc) sia nella distribuzione per ottenere più coppia ai regimi intermedi propri dell'utilizzo stradale, facendo così scendere la potenza massima da 141 cv a 11.000 giri a 127cv a 10.000 giri, grazie anche alla rimozione del voluminoso airbox a presa diretta presente sulla ZX-9R.
Il telaio impiegato è un cosiddetto a diamante in acciaio ad alta resistenza, che vincola rigidamente il motore in tre punti.
La sospensione anteriore è basata su una forcella Showa upside-down (a steli rovesciati) con steli da 41 mm regolabile in precarico e nel freno idraulico in estensione (solo su uno stelo).
La sospensione posteriore impiega un mono-ammortizzatore montato sui leveraggi progressivi, regolabile anch'esso solo in precarico molla ed estensione.
La frenata è garantita da una coppia di dischi a margherita all'anteriore azionati da pinze e relativa pompa radiale nel modello 2007.

Dal 2005 tutti i modelli prodotti sono dotati di immobilizer sulla chiave d'avviamento. I colori disponibili sono stati:

2005 - Grigio opaco metallizzato, Lime Green - Metallic Spark Black
2004 - Pearl Blazing Orange, Passion Red, Metallic Spark Black
2003 - Pearl Blazing Orange, Pearl Black, Lime Green

TERZA SERIE
Questa nuova serie viene prodotta dal 2010, con nuovo motore, telaio, carenatura e impianto di scarico.
Nel 2013 è stata introdotta la nuova versione supernaked, il cui telaio è derivato dalla Z1000 SX.


KAWASAKI

NINJA ER-6
NINJA 300
NINJA 600
NINJA 1000
NINJA 1200
Z 750
Z 1000

Z 750



La Kawasaki Z 750 è stata prodotta in più serie, la prima serie va dal 1976 al 1989 in cinque versioni, normale (senza sigla finale) "L", "GT", "sport", "LTD" e "Turbo", con questa cilindrata si ha un avviamento elettrico invece che a pedale come sulle cilindrate minori. Il modello normale, era una potente moto naked con buone rifiniture e serbatoio capiente, la versione "L" era leggermente più pesante, ma era pressoché uguale, infatti sostituì la versione normale, la versione "GT" e "sport" erano molto simili alla versione "L", ma montavano un diverso serbatoio, che nella "GT" era di 24,5 litri, in modo da permettere i viaggi turistici. La Z 750 del 1982 è stata il modello che ha segnato una vera svolta di modernità, creando nella concorrenza giapponese una forte accelerazione nell'innovazione dei modelli. Questa era una moto molto potente ma allo stesso tempo confortevole con la sua larga sella, portava all'anteriore due freni a disco di grosse dimensioni, 4 cilindri con quattro carburatori e i due scarichi laterali. Molto rara da trovare oggi, ma molto ricercata sul mercato delle moto classiche. Il modello "LTD" era la versione chopper della Kawasaki Z 750, il quale oltre al diverso manubrio, con pneumatici da 19 all'anteriore e 16 al posteriore aveva un serbatoio di soli 16 litri. La versione turbo era invece la variante più potente e sportiva del modello, che in questa configurazione presentava l'aggiunta di una semicarenatura, mentre il serbatoio divenne di soli 18 litri, per via dei ingombri del turbo, per via delle prestazioni i due ammortizzatori posteriori vengono sostituiti dal monoammortizzatore.

La seconda serie va dal 2003 al 2006.

La terza serie, che tra le modifiche principali presenta un codino più corto, una mascherina ridisegnata e l'omologazione Euro 3 che ha limitato la potenza massima a 106 Cv è entrata in produzione dal 2007 fino ad oggi.


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